FELICIANO E GIUSEPPINA STREPPONI

Quando si cita il cognome Strepponi il pensiero va subito a Giuseppina, prima famosa cantante lirica e poi ancor più famosa moglie di Giuseppe Verdi. La lettura dei numerosi libri (1) dedicati alla “Peppina” nonché della Storia dell’Oldrini, mostra però come si trattasse di una famiglia di musicisti, con particolare evidenza per lo zio Francesco e, soprattutto, il padre Feliciano compositore di sicuro talento la cui carriera fu stroncata dalla morte avvenuta a soli 38 anni, quando sembravano concretizzarsi interessanti prospettive in ambito operistico.

Alla figura di Feliciano innanzitutto, pressoché sconosciuta anche a Lodi, dedichiamo queste nota biografica.

Feliciano Cristoforo Bartolomeo Strepponi nacque a Lodi il 26 Ottobre 1793, primo figlio di Giuseppe, maiolicaio, e Maria de Stefani. La famiglia abitava allora in Corso di Porta Adda, nella parrocchia di S. Maria Maddalena.

La famiglia Strepponi, di modesta ma decorosa condizione, era di idee liberali e parteggiava per Napoleone (la battaglia del Ponte di Lodi è del 1796). Era anche sensibile all’importanza di dare, per quanto possibile, una buona istruzione ai figli: così i due maschi Francesco (che divenne maestro di cappella presso la Chiesa dell’ Incoronata a Lodi) e Feliciano, che mostravano un forte interesse per la musica, poterono frequentare il Conservatorio di Milano, mentre la femmina, Giovanna, divenne  maestra.

Il nostro Feliciano mise in luce un precoce talento musicale tanto che nel 1812, a 19 anni, fu chiamato a dirigere, nella Cattedrale di Lodi, un Te Deum per celebrare il ritorno in città di Napoleone Bonaparte. Nel frattempo, nel 1814, sposò Rosa Cornalba (1793–1870) e la cerimonia fu accompagnata da musiche composte ed eseguite all’organo dal fratello Francesco. Ebbero sei figli, di cui uno morto in tenerissima età. La primogenita, nel 1815, fu proprio la famosa Giuseppina. Nel 1820 Feliciano conseguì il diploma presso il Conservatorio di Milano, vincendo un premio speciale in composizione. Nello stesso anno scrisse una farsa in un atto, Amore e fedeltà alla prova, messa in scena a Lodi, al Teatro Sociale, e fu chiamato a svolgere funzioni di Maestro di Cappella presso il Duomo di Monza.

Nel 1822, avvenne il suo vero debutto operistico a Torino al Teatro d’Angennes con l’opera buffa Il marito nubile. Il 1823 vide le prime rappresentazioni di altre due opere Chi fa così fa bene (melodramma giocoso in 2 atti) e Francesca da Rimini (dramma in 3 atti, dalla tragedia di Silvio Pellico),  che andarono  in scena rispettivamente al Teatro Re di  Milano e al Teatro Eretenio di  Vicenza. Ambedue i libretti erano opera di Felice Romani, uno dei più noti librettisti di inizio ‘800 (scrisse libretti per Rossini, Bellini, Mercadante, Donizetti; tra i quali capolavori come il Turco in Italia, Norma, Sonnambula e Elisir d’amore; e inoltre Stiffelio per il giovane Verdi). Al Romani lo legava una grande amicizia nonché l’appartenenza alla Carboneria, nel cui ambito ebbe modo di conoscere anche i famosi e sfortunati Silvio Pellico e Piero Maroncelli. Le idee liberali e le frequenti assenze per la messa in scena delle opere o per ottenere nuove commissioni (ma probabilmente più le prime che le seconde), gli costarono però l’incarico di Monza che dovette abbandonare nel 1828.

A Feliciano giunse quasi subito una buona offerta dal Teatro Grande di Trieste (l’attuale Teatro Verdi) che gli offrì un ingaggio come maestro sostituto direttore d’orchestra a fianco di Giuseppe Farinelli. La famiglia si trasferì allora da Lodi a Trieste. Iniziò un periodo purtroppo assai breve di buoni successi iniziato con Gli Illinesi* (libretto di F.Romani) andato in scena a Trieste il 20-11-1829 con un cast di primo piano comprendente alcuni tra i più noti cantanti dell’epoca quali la mezzosoprano Giuditta Grisi**, la contralto Caroline Unger*** ed il tenore G.B.Verger. Seguì nel ’30 Amore e mistero (Torino – Teatro Carignano) e infine, il 20 Settembre 1831, il debutto alla Scala con L’Ullà di Bassora, melodramma comico in 2 atti ancora su libretto dell’ amico Felice Romani che gli aveva procurato l’agognata commissione scaligera. Più che buono l’esito dell’opera che ebbe 15 repliche. Protagonista femminile fu Giulia Grisi, famosa soprano e sorella di Giuditta. Nel frattempo Feliciano, immerso nell’affascinante mondo dell’opera milanese e prefigurando una brillante carriera, aveva lasciato l’impiego presso il Teatro Verdi ed intrapreso anche l’attività di impresario teatrale con esito però fallimentare, ricavandone, invece degli sperati lauti guadagni, consistenti debiti. Le fatiche di organizzare compagnie di canto e portarle in giro per l’Italia avevano inoltre minato la sua già cagionevole salute tanto che forti febbri e un’encefalite lo portarono in breve tempo alla morte, avvenuta a Trieste il 13 gennaio 1832. Lasciava la moglie e cinque figli soli e senza una lira, anzi con debiti.  Tra loro la Giuseppina, amatissima dal padre e dotata di bella voce, che Feliciano era riuscito a far ammettere al Conservatorio di Milano e che, dopo il ritorno della famiglia a Lodi, poté continuare e completare gli studi solo grazie ad una borsa di studio. Ma quella della “Strepponcina” che, anche per mantenere la famiglia, iniziò subito la brillante carriera che conosciamo, è tutt’altra storia.

 

*Illinesi è il nome di una tribù di indigeni del Nord America che alla fine del XVII secolo, al tempo della prima colonizzazione francese, abitavano la zona dei Grandi Laghi a cavallo degli odierni Canada e Stati Uniti (vedi il nome del fiume Illinois e dell’omonimo stato degli USA).

** Giuditta Grisi (1805-1840) ebbe una fulgida ma breve carriera. Non molti sanno che il suo nome è legato a Lodi per le nozze, nel 1834 col conte Cristoforo Barni; in seguito al matrimonio abbandonò le scene.

*** Caroline Unger (1803-1877) grande contralto ungherese cantò il 7 maggio 1824 nel famoso e storico concerto che vide a Vienna, la prima esecuzione assoluta della IX Sinfonia di Beethoven nonché la prima esecuzione viennese (dopo la prima di S. Pietroburgo del 7 aprile) della Missa solemnis. La sua grande carriera operistica si svolse soprattutto in Italia e terminò nel 1843 con il matrimonio.

∞∞∞∞∞∞

Parlando di Feliciano abbiamo scritto come la storia di Giuseppina sia stata più volte raccontata (1). Non ci pare giusto però, in questa sede, non fare neppure un breve ritratto di Giuseppina Strepponi, limitandoci peraltro alla sua brillante carriera di cantante ed omettendo quanto successo al di fuori del palcoscenico sia durante l’attività canora (con vicende a livello di “gossip”, almeno fino al 1840 ca.) che dopo il ritiro dalle scene quando divenne l’affettuosa e preziosa compagna di Giuseppe Verdi.

Giuseppina Strepponi (all’anagrafe Clelia Maria Josepha) famigliarmente Peppina, nata nel 1815 da Feliciano e Rosa Cornalba, mostrò da subito, secondo la  tradizione famigliare,  una spiccata sensibilità musicale e ricevette le prime lezioni di pianoforte dal padre, al quale era legata da grande affetto. Nel 1831 Feliciano riuscì a farla accettare al Conservatorio di Milano dove studiò pianoforte e, soprattutto, canto con esiti eccellenti tanto che a fine 1834 ottenne il primo premio proprio per il belcanto, grazie ad una bella voce di soprano.

Le esigenze di mantenere, praticamente, la famiglia la videro debuttare subito in palcoscenico, a Adria nel dicembre 1834, in Chiara di Rosemberg di Luigi Ricci. Il primo grande successo arrivò al Teatro Grande di Trieste nel 1835 in Matilde di Shabran di Gioachino Rossini. Nell’occasione si fece notare dall’impresario Bartolomeo Merelli, che le procurò numerosi ingaggi in Italia. Nell’estate del 1835 la Strepponi fu a Vienna, al Theater am Kärntnertor dove cantò nel ruolo di Adalgisa nella Norma di Bellini e poi della protagonista Amina ne La sonnambula, oltre che ne Il furioso all’isola di San Domingo di Donizetti,  ottenendo lusinghieri apprezzamenti da parte sia del pubblico che della critica. Quelle di Vienna nel 1835 furono le uniche recite di Giuseppina fuori d’Italia. Nel 1836 cantò al Gran Teatro La Fenice di Venezia nel ruolo di Ninetta ne La gazza ladra di Rossini; fu poi Elvira ne I puritani di Bellini e la protagonista Angelina nella  Cenerentola di Rossini. L’anno successivo ricoprì nuovamente il ruolo di Elvira e fu poi protagonista in due opere di Donizetti, il Marino Faliero e  la Lucia di Lammermoor; in quest’ultimo ruolo cantò con grande successo  nel 1838 al Teatro Comunale di Bologna e poi a Roma. Nel 1838 ella cantò nuovamente la parte principale in Maria di Rudenz di Donizetti, nella Beatrice di Tenda di Bellini e nella Caterina di Guisa di Carlo Coccia all’Imperial Regio Teatro degli Avvalorati di Livorno. Nel 1839 a Venezia è Elvira ne Le due illustri rivali di Mercadante con Caroline Unger (che aveva tanto ammirato a Trieste da ragazzina) e il tenore Moriani e fece il proprio debutto al Teatro alla Scala di Milano, rimpiazzando nel ruolo di Leonora la Marini-Rainieri, che si era ammalata, nella prima rappresentazione dell’Oberto conte di San Bonifacio, l’opera di esordio di Giuseppe Verdi. Proprio la prestazione della Strepponi venne considerata già all’epoca una delle ragioni principali del successo dell’opera. E a seguito di ciò venne scelta per altri ruoli come quello di Elaisa ne Il giuramento di Saverio Mercadante, di Adina ne L’elisir d’amore di Donizetti e di Sandrina in Un’avventura di Scaramuccia di Luigi Ricci.

Giuseppina Strepponi mantenne la sua popolarità anche negli anni ’40 dell’Ottocento recitando a Roma del 1841 come protagonista della prima esecuzione dell’opera Adelia di Donizetti, ruolo appositamente scritto per lei. Contemporaneamente iniziò a frequentare assiduamente Giuseppe Verdi (da poco rimasto vedovo della prima moglie Margherita Barezzi) interpretando alcune sue opere. Fu Abigaille alla prima del Nabucco di Verdi alla Scala nel 1842. Riprese poi il ruolo di Abigaille in molti altri teatri italiani nell’anno successivo, tra cui nelle celebri esibizioni al Teatro Regio di Parma ed al Teatro Comunale di Bologna. Nel 1843 ella ottenne il ruolo di Elisabetta nel Roberto Devereux di Donizetti e di Imogene ne Il pirata di Bellini a Bologna. Sempre nel medesimo periodo fu protagonista nella Norma di Bellini e nella Saffo di Giovanni Pacini, ricoprendo anche il ruolo della Marchesa del Poggio in Un giorno di regno di Verdi.  Attorno al 1844, la Strepponi iniziò ad avere significativi problemi vocali, in gran parte dovuti al superlavoro praticato in dieci anni di attività senza sosta per mantenere la madre e i fratelli (nonché i figli avuti dalle relazioni avute, pare, col tenore Moriani e con gli impresari Cirelli e Merelli), problemi che si evidenziarono impietosamente in una disastrosa stagione musicale a Palermo nell’inverno 1845-1846. La sua voce non si riprese mai più e, dopo alcune sporadiche apparizioni nelle verdiane Ernani e, forse, I due Foscari, decise di ritirarsi definitivamente dalle scene nel febbraio del 1846, dopo poco più di 11 anni di carriera.

Complessivamente la nostra Giuseppina ha cantato in più di 50 opere: di Donizetti soprattutto (14) e poi di Rossini (6), Bellini (6), Verdi (5), Mercadante (5), Luigi Ricci (3), e poi in numerose altre che (il discorso non vale naturalmente per opere come La muta di Portici di Auber, Roberto il diavolo di Meyerbeer e Saffo di Pacini) furono composte da alcuni esponenti di quella pletora di onesti operisti italiani i cui  nomi sono caduti nel dimenticatoio insieme ai titoli dei loro melodrammi: citiamo i vari Vignozzi, Buzzolla, Gnecco, Lilla, Alary, Campana, ecc. D’altronde era allora il melodramma tanto di moda in Italia che nessun compositore (o aspirante tale) si poteva esimere dal comporre opere liriche. Si pensi che solo tra il ‘700 e l’ 800 si parla di oltre 3000 compositori e di circa 15.000 opere. E i compositori erano molto prolifici: il solo Donizetti musicò 67 melodrammi, alcuni dei quali più volte revisionati!

Per finire una domanda (ammesso che le si possa dare una risposta): che tipo di voce aveva Giuseppina? Probabilmente al Conservatorio di Milano ricevette quell‘impostazione di tipo belcantistico che privilegiava l’aspetto tecnico e la purezza del suono (non per niente il canto doveva essere, per l’appunto, “bello”). Ma se nel melodramma rossiniano il belcanto era ancora carattere fondamentale dell’uso delle voci (pur nelle frequenti disomogeneità timbriche delle voci), in Bellini e Donizetti la definizione belcantistica doveva starle senz’altro stretta data l’importanza che l’ espressività della voce aveva già acquistato  nelle loro opere. Fatto sta che “Il Gondoliere”, bisettimanale veneziano, nel novembre 1835 (a un anno dal debutto) così ne parla: “Voce limpida, penetrante, delicata, azione convincente e figura aggraziata. Alle numerose virtù che la Natura le ha donato generosamente, vi è anche quella della scienza del canto nella quale è riuscita in modo eccellente. La stessa, in poco tempo, la farà splendere tra gli astri più luminosi del Teatro Italiano”. E poi ancora l’anno successivo, a proposito di una recita a Mantova, l’11 giugno 1836, dei Puritani di Bellini: ”…E che dirò dell’esimia cantante  Giuseppina Strepponi (che fu tanto applaudita dai mantovani, giusti apprezzatori del vero merito) che  con tanta passione rappresentò la parte di Elvira al punto di riscaldare il più freddo ascoltatore. Con qual garbo, con quale squisitezza di affettuose e vive sensazioni ci dipinse ella l’anima di donna innamorata e derelitta che perde il senno,  abbandonata credendosi dal sospirato riacquistato e riperduto amante. Quale espressione negli atti, quale ineffabile dolcezza, quale soavità di canto! ……….. Basti dire che ove ella continui indefessamente studiando nell’intrapresa carriera giungerà un dì al grado di emular le più grandi cantanti del secolo”.

La tradizione (certamente influenzata dai successivi casi della vita) ha dipinto la Strepponi come cantante essenzialmente verdiana con voce da “soprano drammatico d’agilità”.  Abbiamo invece visto nella nota biografica che, non fosse altro che per ragioni anagrafiche, fu assai poco verdiana. Il suo autore di riferimento fu di gran lunga Donizetti; fu peraltro anche un’eccellente interprete di ruoli semiseri o comici, per i quali aveva un «vezzo incantevole e un canto agile e quasi voluttuoso». Viene piuttosto da chiedersi come potesse cantare nel Nabucco visto che qui dalla soprano si esige una notevole capacità muscolare che par di capire non avesse.

Certo, allora i cantanti cantavano di tutto, soprattutto le soprano(*). Ma pare giustificato chiedersi se non siano state proprio le fatiche sostenute nel ruolo di Abigaille a dare il colpo di grazia alle usurate corde vocali della nostra Peppina.

(*) La mitica Maria Malibran (1808-1836), definita “soprano drammatico d’agilità” dalla storiografia musicale tardottocentesca (ma dai suoi contemporanei intorno al 1830, al culmine della sua brevissima ma sfolgorante carriera, “soprano di bravura”), riusciva ad eseguire sia ruoli da soprano che da contralto e persino da tenore come quando si esibì nel ruolo di Gualtiero nel Pirata di Vincenzo Bellini.

∞∞∞∞∞∞

(1)            Elena Cazzulani                       Giuseppina Strepponi Lodi, Lodigraf, 1984

Maria Moretti                        Giuseppina Verdi Strepponi : …documenti, testimonianze,immagini   Lodi, Il                                                           Pomerio, 2006                                                                                                                                       Gaia Servadio                    Traviata : vita di Giuseppina Strepponi  – Milano, Rizzoli, 1994

Vedasi anche la voce “Giuseppina Strepponi” in Wikipedia in lingua inglese.